La grande emergenza sanitaria dell’estate 1859 in Lombardia.
Il 24 giugno dell’anno 1859, sulle colline dell’anfiteatro morenico del lago di Garda, nel sud-ovest della Lombardia, circa 300.000 uomini degli eserciti franco-piemontese e austriaco si scontrano nella più grande battaglia avvenuta in Europa dopo le guerre napoleoniche.
Le conseguenze sono atroci: circa 30.000 morti e 70.000 feriti, italiani, francesi, austriaci, ungheresi, cechi, slovacchi, sloveni, croati, rumeni, polacchi, algerini e tunisini. Il territorio è devastato, morti e feriti si accumulano in ogni dove.
Una marea di soldati stremati e feriti cerca soccorso; si rivolgono alle cascine, si riversano sui centri abitati più vicini. La sanità militare è del tutto insufficiente; tra Desenzano e l’Alto Mantovano, in particolare a Castiglione delle Stiviere, nella campagna e nei paesi sorgono infermerie e ospedali improvvisati, organizzati nelle chiese, nei palazzi signorili, nelle cascine. La popolazione, in particolare le donne, è in prima fila in questa straordinaria massiccia mobilitazione umanitaria che non ha precedenti nella storia.
L’area geografica interessata dalla mobilitazione umanitaria.
La mobilitazione interessa quasi l’intera Lombardia; ha come centro Brescia, vera “capitale” dei soccorsi d’emergenza, mentre Milano sin da dopo la battaglia di Magenta (4 giugno 1859) è la realtà che nella regione accoglie il maggior numero di soldati feriti. Questa moltitudine sofferente deborda oltre i confini della Lombardia. Ad est tocca Cremona, Piacenza, Verona, Padova, Bolzano, Trieste. A sud ospedali militari sorgono a Genova, in svariate località della Liguria e della Toscana, mentre ad ovest, le città piemontesi di Novara, Vercelli, Alessandria e Torino già dal mese di maggio accolgono i feriti delle battaglie di Montebello e di Palestro (20 e 31 maggio 1859). Molti altri sono curati in Francia e in Austria.
Le donne lombarde di pace del Risorgimento nel 1859.
Definiamo “donne di pace del Risorgimento” le giovani e le numerose volontarie attive nella cura dei feriti di ogni nazionalità durante la breve ma sanguinosa guerra di indipendenza italiana del 1859. A Montebello si distingue per il suo impegno suor Gaudenzia Toné e a Milano Suor Marina Videmari; sono religiose, donne nobili e borghesi, come le sorelle Carolina e Luigia Pastorio a Castiglione delle Stiviere. E anche popolane che compiono gesti di vero eroismo, talora al prezzo della vita; a Montichiari molti volontari muoiono per un’epidemia di tifo. “Tutti fratelli” è il motto delle donne di Castiglione che invocano riconciliazione fra i popoli europei. Nel 1860 Napoleone III decora 120 donne con una medaglia d’argento appositamente coniata.
Il filantropo svizzero Henry Dunant affianca l’azione delle donne di Castiglione, ricavando da questa esperienza la convinzione della necessità, per salvare il maggior numero possibile di feriti di guerra, di attribuire a questi lo status giuridico di neutralità e insieme di organizzare un corpo civile stabile per il loro soccorso (Croce Rossa). Nel 1864 la comunità internazionale, adottando la Convenzione di Ginevra, farà proprio questo progetto, attuando una grande svolta di civiltà nella storia del genere umano.
Gli occhi del mondo sulla Lombardia
Nel 1859 Napoleone III fa di tutto per negare che sui campi di battaglia della Lombardia si stia verificando una spaventosa carneficina. Impone ai giornali francesi di non pubblicare le lettere dei soldati; ma gli articoli dei primi grandi coraggiosi “corrispondenti di guerra” (l’americano New York Times invia tre suoi giornalisti per alcuni mesi in Lombardia) rende vana la censura. L’opinione pubblica mondiale è fortemente impressionata e manifesta preoccupazione per un possibile allargamento del conflitto a scala europea.
Tutti gli osservatori internazionali esprimono grande ammirazione per il coraggio, l’efficienza e la passione delle donne di Lombardia nel soccorrere soldati feriti e malati.
La comunità internazionale si mobilita in azioni di concreta solidarietà. Da varie parti d’Europa e dall’America arrivano medicinali, personale sanitario, volontari.
Valérie de Gasparin (1813-1894), donna di pace svizzera, e la Lombardia.
Nobildonna svizzera, la storiografia ha visto in lei l’ispiratrice del progetto umanitario e organizzativo della Croce Rossa. Contribuisce a rompere la congiura del silenzio sui massacri in Lombardia, riuscendo a far pubblicare sui giornali francesi e svizzeri alcuni stralci delle lettere che Dunant le fa pervenire dalla Lombardia. Organizza l’invio dalla Svizzera di soccorsi e volontari. Pochi mesi dopo i fatti di Solferino, Valérie de Gasparin apre a Losanna la prima scuola al mondo di infermiere laiche.
Pacifista, teologa protestante, letterata, viaggiatrice, ecologista ante litteram, Valérie visita nel 1860 il campo di battaglia di Magenta, denunciando come nel processo di rimozione dalla memoria della disumanità della guerra da poco trascorsa, che lei rileva con i suoi occhi, si celi una cultura di assuefazione alla guerra. Nelle sue dolorose riflessioni, tra l’altro annota tristemente che solo il cane spaniel del generale francese Espinasse, che testardamente si rifiuta di abbandonare il luogo dove il suo padrone è caduto in battaglia, dimostra di voler mantenere viva la memoria delle vittime.
Le anticipatrici del 1848-49: Cristina di Belgioioso e Laura Solera.
Cristina di Belgioioso (1808-1871)
Patriota milanese, letterata ed intellettuale è costretta all’esilio in Francia. Rientrata in Italia, si impegna a livello culturale, nel riscatto sociale dei contadini e per la promozione della donna. E’ tra i protagonisti delle Cinque giornate di Milano e, dopo la sconfitta piemontese, nel 1849 si unisce alla Repubblica Romana.
A Roma diventa responsabile dell’assistenza ai feriti, che organizza attraverso un Comitato di donne. Allestisce svariati ospedali in chiese e conventi, promuove la mobilitazione delle donne come infermiere a fianco dei pochi medici, cerca di curare la formazione delle numerose volontarie, nobildonne e donne del popolo. Nei suoi ospedali sono curati senza distinzione patrioti italiani e feriti dell’armata francese che assedia Roma.
Laura Solera Mantegazza (1813 – 1873)
Solera-Mantegazza-150Definita “garibaldina senza fucile”, Laura Solera è responsabile dei soccorsi sanitari durante i giorni della rivolta milanese. Assiste i feriti della battaglia di Luino (15 agosto 1848) sia italiani che austriaci. Attiva in iniziative sociali a favore delle madri lavoratrici e degli orfani, promuove l’educazione e l’emancipazione femminile.
Geografia europea delle donne di pace del XIX secolo.
Non poche sono le donne che si impegnano nel soccorso ai soldati feriti e ai rifugiati durante le numerose guerre che insanguinano l’Europa nel XIX secolo. Tra queste:
– Klara Leovey (1821-1897) durante la rivoluzione del 1848 a Debrecen;
– Florence Nightingale (1820-1910) e Dasha Sevastopol che nel campo inglese e in quello russo soccorrono i feriti della guerra di Crimea (1853-1856);
– Charlotte del Belgio (1840 – 1927) nell’ospedale militare di Trieste durante la guerra del 1859;
– Adeline Paulina Irby (1833-1911) durante l’insurrezione della Bosnia Erzegovina (1875);
– Rayna Popgeorgieva Futekova (1856-1917) e l’inglese Emily Anne Stragdford (1826-1887) in occasione dell’insurrezione della Bulgaria (1876);
– Maria Rosetti (1820-1893) durante la guerra d’indipendenza della Romania (1877);
– Angela Georgina Bourdett-Coutts (1814-1906) e le Suore di Carità francesi operano in Turchia portando soccorso ai militari feriti e ai profughi turchi delle guerre balcaniche;
– Katarina Milovuk (1844-1909) in Serbia.
Il tema delle donne di pace nella letteratura italiana ed europea del XIX secolo.
Nella letteratura dell’800 il tema della donna impegnata nel soccorso e assistenza ai militari feriti delle guerre risorgimentali trova una certa popolarità, in Italia come al di fuori del nostro Paese.
Ricordiamo i racconti di viaggio The Track of War (1859) dell’inglese Henry T. Spice, A Florence (1866) di Valérie de Gasparin; le novelle Florica e Daina (1859) e Presagio (1860) di Ida Vegezzi Ruscalla; Un souvenir de Solferino (1862) di Henry Dunant e The Wounded Soldier (1871) di Anna Carolina Eugenia contessa di Tergolina.
Die waffen nieder (Giù le armi!), pubblicato nel 1899 dalla scrittrice austriaca Bertha von Suttner, vero best seller mondiale come già era stato il Souvenir di Dunant, narra l’evoluzione del modo di percepire guerra della protagonista femminile del romanzo, sino alla sua scelta pacifista. La vita di Marta è segnata dal coinvolgimento familiare in drammatici episodi legati alle guerre europee del XIX secolo, tra i quali la battaglia di Magenta.
L’opera testimonia come, sul finire del secolo XIX, al pensiero umanitario venga ad aggiungersi la prospettiva del movimento pacifista, attenta non più unicamente a riparare i danni della guerra ma a prevenirla attraverso scelte politiche come il disarmo, l’arbitrato internazionale tra gli Stati, il federalismo degli Stati Uniti d’Europa. Che le donne fossero ormai elemento trainante del pacifismo militante diviene chiaro quando la leadership mondiale del movimento viene attribuita proprio a lei. Così Bertha sarà anche la prima donna ad essere insignita, nel 1905, del Premio Nobel per la Pace.
Luoghi e memoria storica di pace: per una rete lombarda ed europea di Roseti delle donne di pace.
Perché il tema dell’umanitario fosse evidenziato nei paesaggi di Lombardia che accolsero la sua nascita si dovette attendere 100 anni. E’ in occasione delle celebrazioni del centenario della battaglia, nel 1959, che sono costituiti il Museo della Croce Rossa a Castiglione delle Stiviere e il relativo Memoriale sulla collina dei Cipressi a Solferino.
Ma ancora oggi nessun segno richiama nel paesaggio e nei luoghi di Lombardia la memoria delle donne di pace del Risorgimento se non i “Roseti della pace” promossi dall’Istituto Green Man a Cavriana e a Monza.
Da qui l’idea operativa legata del nostro progetto di moltiplicare i roseti disseminandoli nei luoghi legati alle donne di pace del Risorgimento e di collegarli in una rete di percorsi / sentieri in regione Lombardia (e in futuro in Europa). E così rendere fruibili da parte di scuole e cittadini luoghi e paesaggi dove sia possibile andare per incontrare, conoscere e onorare la memoria di queste eroine della pace del nostro Risorgimento.
Andare per conoscere: la rete lombarda degli itinerari / sentieri delle donne di pace del Risorgimento.
MAPPA ITINERARIO 1
Prov. Varese e Verbania.
Durata 4 ore circa (comprensive di andata e ritorno in battello di linea).
L’itinerario riguarda i luoghi del centro della città di Luino (VA) legati alla battaglia tra garibaldini e austriaci del 15 agosto 1848, dove Laura Solera sbarcò guidando una spedizione di barcaioli al salvataggio dei feriti. Via lago si raggiunge la villa della famiglia Solera a Cannero (VB), sulla sponda piemontese, dove furono curati i feriti italiani e austriaci
MAPPA ITINERARIO 2
Provincia di Pavia. KM 42 circa.
L’itinerario inizia visitando i luoghi dove il generale austriaco Urban sparse il terrore, fucilando nove membri della famiglia Cignoli a Torricella. Poi raggiunge l’area del campo di battaglia; qui parroci, suore, abitanti furono attivi nel soccorso dei feriti nel centro del paese di Montebello e nella frazione di Genestrello. Si chiude a Voghera; qui suor Gaudenzia Tonè organizzò l’evacuazione dei feriti via ferrovia e gestì l’ ospedale militare.
MAPPA ITINERARIO 3
Provincia di Milano.
KM 15 circa
L’itinerario si sviluppa nei luoghi dell’avanzata dell’armata francese lungo il fiume Ticino in direzione di Milano. Quella di Magenta fu una grande e sanguinosa battaglia dove le ridotte strutture caritative e sanitarie al seguito degli eserciti si adoperarono per il soccorso di tutti i feriti. Per questo Madre Maria Theresa, delle Suore della Carità al seguito dell’esercito francese, fu decorata da Napoleone III. Giovanni Fattori raffigurò la loro azione nel quadro “Il campo piemontese dopo la battaglia di Magenta”.
MAPPA ITINERARIO 4
Milano città.
KM 6 circa.
A Milano le donne dei salotti liberali furono attivissime e si organizzarono attraverso un comitato milanese per il soccorso dei feriti, presieduto da Giustina Verri-Borromeo. Il percorso urbano parte dal luogo di arrivo dei feriti in città, ovvero dalla antica stazione ferroviaria dei Bastioni di Porta Nuova, per poi toccare luoghi dove funzionarono gli ospedali militari milanesi: l’Ospedale dei Fatebenefratelli, l’Ospedale creato nel Seminario di Porta Venezia, l’Ospedale Maggiore di via Festa del Perdono, l’Ospedale di piazza S.Ambrogio e infine l’Ospedale S.Luca in zona C.so Italia.
MAPPA ITINERARIO 5
Province di Brescia e di Mantova.
KM 44 circa.
Partiti da Desenzano, si raggiunge S. Martino e si prosegue sino a Cavriana, dove, nel giardino di Villa Mirra si trova oggi il Roseto della Pace dedicato a Felice Cavagnari, ragazzo vittima della battaglia. Molte furono le donne, per lo più sconosciute, che furono attive nel soccorso e anche persero la vita. Carlo Ademollo in alcuni quadri onora la figura di Anna Sposetti di Desenzano. Si arriva a Solferino e quindi a Castiglione delle Stiviere, dove lo svizzero Henry Dunant operò assieme a donne del luogo. Infine si ritorna a Desenzano, dove l’inglese Lady Crawley da turista si trasformò in “angelo delle corsie” e il medico italo-statunitense Felix Formento dirigeva l’ospedale locale.
MAPPA ITINERARIO 6
Province di Monza Brianza e Lecco.
KM 25 circa.
L’itinerario parte dai luoghi del centro legati alle protagoniste del soccorso dei feriti: Laura Solera Mantegazza, Madre Serafina, le ragazze dell’istituto Bianconi. Dal Roseto della Pace del quartiere S.Biagio (la cui chiesa fu ospedale militare) si dirige verso il Parco di Monza e la valle del Lambro, sino a Rancate di Triuggio. Qui si trova la villa di campagna e la tomba della nobildonna Orsola Robecchi Susani, responsabile nel 1859 del volontariato presso l’ospedale militare milanese di S.Maria di Loreto. Si prosegue nella valle del Rio Pegorino arrivando a Missaglia (LC) si trova la villa di campagna e la tomba del premio Nobel per la Pace, milanese ma brianzolo d’adozione, Ernesto Teodoro Moneta.
Conclusione
E’ solo per puro caso che questa alta testimonianza di impegno umanitario delle donne si sia verificata in Lombardia? Crediamo di no; e siamo confortati in questa nostra convinzione da un osservatore non partigiano. E’ lo scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal a ricordarci, commemorando nel 1927 i cento anni di pubblicazione de “I Promessi Sposi”, che la storia ha consegnato a chi vive in Lombardia il dono sacro del pane del perdono, “e come legato ai loro figli, alla prossima generazione, a tutti i futuri milanesi questa sola frase: Dite loro che perdonino sempre, sempre! Tutto! tutto!”.
Come le donne lombarde di pace del Risorgimento furono capaci di fare.